La scena è quella di un abuso di potere perpetrato dal figlio arrogante del potente locale. Il copione, però, questa volta è stato meno prevedibile che in altre occasioni.
Il 16 ottobre, Li Qiming, figlio del vice capo della polizia del distretto Beishi di Baoding (Hebei), guidando in stato di ebbrezza una lussuosa Volkswagen Magotan nera ha investito due studentesse davanti a un supermercato dell’università dello Hebei. Una è rimasta uccisa, l’altra ferita gravemente, ma Li Qiming ha tirato dritto senza soccorrerle. Fermato da un gruppo di studenti e dalle guardie di sicurezza del campus, ha meravigliato tutti urlando: “Dai, denunciatemi pure, se avete il coraggio: mio padre è Li Gang”.
Nel giro di un paio di giorni l’espressione “mio padre è Li Gang” si è trasformata in un tormentone online. Uno slogan sinonimo di arroganza, prevaricazione e disuguaglianza sociale. I netizen hanno cominciato a creare canzoni e video con lo slogan e hanno pubblicamente additato le ricchezze private della famiglia Li, tra cui 5 lussuose residenze. La rabbia per l’ennesimo episodio di spregio della legge da parte di parenti di funzionari è diventata così forte che le autorità, per calmare i bollenti spiriti, hanno dovuto arrestare Li e mandare in onda sulla Tv nazionale due interviste in cui il giovane e il padre in lacrime si scusavano di quanto successo. L’assenza di contraddittorio e di spazio per i parenti delle ragazze, tuttavia, ha solo peggiorato le cose.
Le scuse sono state immediatamente etichettate come una farsa sia dai familiari della vittima che dagli utenti di internet, molti dei quali si sono dimostrati poco ottimisti sul fatto che Li Qiming venga punito come merita (ha commesso un reato che in Cina è passibile di pena di morte). Come spesso accade nel Celeste Impero, la rete si è rivelata l’unico luogo in cui la voce delle vittime di un sopruso ha la possibilità di farsi sentire.
L’artista dissidente Ai Weiwei, famoso per le sue battaglie in difesa dei diritti, ha filmato un’intervista al padre e al fratello della ventenne rimasta uccisa nell’incidente e l’ha postata online. Ad oggi, nonostante i ripetuti tentativi di censura, il video documentario “I fatti sono questi (mio padre è Li Gang)” continua a diffondersi.
“Li Qiming ha fatto valere il potere della sua famiglia, ha detto la frase inconsciamente. Molte persone ai giorni nostri fanno così. […] Visto che noi siamo gente comune della campagna, invitiamo tutta la società ad uscire allo scoperto e stare al nostro fianco”, dice Chen Lin, il fratello della vittima, nel filmato. Confessa anche di avere paura. E forse ha ragione. Al momento, in assenza di testimoni, sembra che la polizia abbia proposto alla famiglia della ragazza uccisa di chiudere la questione con un risarcimento. Non è chiaro se questa opzione possa bloccare l’inchiesta penale a carico di Li Qiming, cosa che provocherebbe nuovo sdegno popolare. Zhang Kai, l’avvocato della famiglia della vittima, intanto, starebbe subendo pressioni per abbandonare il caso.